Pubblicato da: armatieresponsabili | 23 aprile, 2008

A me piacerebbe starmene tranquillo…

…ma a quanto pare non c’è verso.

Eccoci di nuovo, passata la bufera elettorale, giornali e notiziari “mollano” un po’ la parte politica ed ricominciano a trapelare notizie di cronaca nera che inevitabilmente richiamano in causa l’argomento cardine del Blog. Questo non è un blog politico in senso stretto ;), sorvolerò quindi sul concetto di “strumentalizzazione” della notizia e/o di opportunità della pubblicazione, rimane il fatto che l’altro giorno a Roma abbiamo sfiorato per un pelo un nuovo “Caso Reggiani”, e solo grazie ad una serie di fortunate coincidenze la vittima può ancora parlare (anche se non è che se la passi proprio bene).

Brevemente, una studentessa universitaria sbaglia stazione del treno, scende a La Storta piuttosto che all’Olgiata (se non ho capito male), viene aggredita, costretta a subire ripetuti atti di violenza sessuale, accoltellata e lasciata in terra ferita e senza abiti. Due passanti notano la situazione e vedono l’aggressore, sulle prime impauriti si allontanano, poi incrociano un’auto dei Carabinieri e gli indicano il luogo. La vittima viene soccorsa e l’aggressore fermato.

Questi i fatti in stile “Ansa”, interpretazioni e supposizioni le lasciamo per un’altra volta. Quello che ci interessa è: quanta differenza avrebbe fatto un’arma in questo caso ? Molta. E vediamo perchè:

Il fatto che una pattuglia di Carabinieri passasse da quelle parti è abbastanza fortuito, in ogni caso sono intervenuti solo “a cose fatte”. Intendiamoci, non sto dicendo che siano stati inefficienti, anzi, il problema è sempre quello: non possono essere ovunque ed in ogni momento, diciamo che è andata anche troppo bene. Ma se non fossero stati lì ?

I due passanti avrebbero certamente potuto fare qualcosa appena rilevato quello che stava succedendo, ma per loro stessa affermazione, visto che l’aggressore era armato ed in evidente stato di alterazione, all’inizio hanno avuto paura. Attenzione anche qui: non hanno fatto finta di non vedere, non si sono girati dall’altra parte (come purtroppo spesso accade), semplicemente hanno avuto un’umana e comprensibile paura. Ebbene sì, perchè di notte, davanti ad un marcantonio ubriaco e munito di coltello è umano temere di avvicinarsi, anche se si è in due, anche se una vita è in pericolo. Si, ci sarà gente più coraggiosa e meno coraggiosa, più o meno portata a reagire, più o meno “sveglia”, ma il comportamento di questi due cittadini non è da biasimare in alcun modo. Hanno fatto quello che potevano, e non mi sento di criticarli. Però mi chiedo: se non avessero incontrato i Carabinieri ? Sicuramente li avrebbero chiamati, ma quanto altro tempo sarebbe passato, e cos’altro sarebbe potuto accadere in questo “tempo supplementare”? Non oso rispondermi.

Adesso ipotizziamo per un momento lo scenario che auspico: maggior diffusione delle armi tra la cittadinanza privata. In questo caso, ci sarebbero state buone probabilità che almeno uno dei due fosse armato. Convenite con me che questo piccolo particolare avrebbe giocato a favore ? Sicuramente il “coraggio” non sarebbe mancato e, probabilmente senza nemmeno esplodere un colpo, la situazione si sarebbe risolta immediatamente. Poi, con l’aggressore sotto tiro e disarmato, avremmo potuto attendere con comodo qualcuno che se lo venisse a portar via.

In tutto questo non ci sarebbe stato nemmeno bisogno che la vittima fosse armata di suo, il concetto che voglio enfatizzare è proprio questo: gli esseri umani, per natura, sono inclini ad aiutare e soccorrere il prossimo, a volte il timore inibisce questi istinti, quello che serve è solo un’iniezione di coraggio. Quando dico (nel sottotitolo del Blog) “per noi e per gli altri”, intendo proprio questo: se vengo aggredito, un passante disarmato potrebbe essere inutile mentre uno armato sicuramente mi darà una chance in più. Ecco, mi piacerebbe poter contare su una maggior partecipazione in questo senso. Tanto per spezzare un po’, ecco un’altra esplicativa immagine di Oleg:

Non servono traduzioni, la foto parla da sè, e il concetto importante è riassunto nelle ultime tre parole: “Armati, Preparati, Pacifici”.

Pubblicato da: armatieresponsabili | 28 febbraio, 2008

Risvegliato dalle cronache

Esco da un lungo periodo di “letargo” grazie ancora una volta ad alcuni fatti recentemente accaduti. C’è stato un periodo in cui tutti i “media”, troppo occupati a seguire le scontate vicende politiche degli ultimi tempi, hanno trascurato la cronaca, dandoci l’impressione che i fenomeni criminali fossero spariti nel nulla.

Sappiamo bene che così non è, ed ora che viviamo in un “limbo” dove lo spazio per la politica si è ridimensionato (fra poco ricominciamo peggio di prima, ma nel frattempo proviamo a respirare), ricominciano ad essere trattati argomenti di “tutti i giorni”, e torniamo sul crimine e sulla sicurezza. Apprendo intanto con sollievo che il protagonista della vicenda della Romanina (di cui si è parlato qui) ha visto ridimensionare l’accusa iniziale da omicidio volontario ad omicidio colposo per legittima difesa. La perizia medico-legale ha appurato che il colpo fatale è stato esploso frontalmente e non alle spalle come si diceva al principio. Questo fa perlomeno supporre che si sia trattato effettivamente di difesa e non di inutile accanimento su una persona in fuga, come credevo e speravo.

Poi noto un incremento (forse casuale, forse no) della risposta armata alle rapine ed aggressioni: abbastanza recente il caso del gioielliere di Nicosia, un epilogo tragico ma prevedibile. La cosa che come al solito mi distrugge è il fatto che comunque venga posto l’accento sulla reazione piuttosto che su ciò che l’ha provocata. I giornalisti si sentono subito in dovere di controllare e farci sapere se l’arma era “regolarmente detenuta”, se chi ha sparato fosse “abilitato a sparare”, se in definitiva non sarebbe stato meglio se si fosse lasciato minacciare, malmenare, rapinare. Il fatto che tre persone irrompano in un negozio, ti minaccino con un’arma (vera o no, chi può dirlo), ti colpiscano e ti terrorizzino passa in secondo piano: sembra quasi che il delinquente sia tu.

Ripeto un concetto a me caro, quasi un “mantra”: sarebbe splendido un mondo senza armi, ma per funzionare dovrebbe essere veramente senza, a nessuno dovrebbe essere data la possibilità di utilizzarle. Ci sono però tre ordini di problemi:

 1) la Storia ci insegna che l’uomo senza arnesi non vive: potremmo distruggere ogni singola arma da fuoco ed ogni singola cartuccia esistente sulla faccia della terra e nel giro di qualche mese qualcuno troverebbe il modo di fabbricarsele in casa;

2) se pure riuscissimo ad eliminarle verrebbe meno il concetto di “equalizzazione“: si sposterebbe tutto sul piano fisico, e il più debole potrebbe solo soccombere, senza possibilità di difesa. Torneremmo alla “legge della giungla“, siamo sicuri di volere questo ?

3) la protezione delle persone sarebbe completamente a carico delle forze dell’ordine (che a stretto rigor di logica dovrebbero essere parimenti disarmate), e sappiamo già che questo non può funzionare.

Non perchè le forze dell’ordine siano inefficienti (concetto che spesso sento esprimere, ma che non condivido), semplicemente perchè sarebbe impossibile pretendere la loro presenza ogni volta che ce n’è bisogno: giorni fa, parlando con un amico, si ipotizzava la presenza di un militare armato ad ogni angolo di strada. Quella sarebbe una soluzione, ma quanti di noi sarebbero contenti di vivere in un posto così ? E ancora, quanti militari servirebbero ? La metà degli italiani dovrebbe arruolarsi nell’ Esercito, non la vedo molto percorribile come strada…

Anche qui mi viene in soccorso con le sue “suggestioni” il solito Oleg, la soluzione è più semplice di quanto sembri:

WhyCarry

Che, liberamente tradotto, recita: “Perchè portare un’arma ? Perchè un poliziotto intero sarebbe troppo pesante” e, aggiungo io, abbastanza ingombrante.

 

Pubblicato da: armatieresponsabili | 14 gennaio, 2008

Arti Marziali ? Perchè no ?

Colgo al volo l’occasione per trattare un po’ meglio l’argomento, visto che se ne è parlato.

Quando si tratta di difenderci ogni sistema è buono, e a chi suggerisce un corso di arti marziali rispondo che senz’altro la cosa è da considerare. L’arte marziale come filosofia di vita e come allenamento è un’ottima cosa, posto che venga imparata, gestita ed allenata nel modo che le è consono, cioè con totale dedizione, serietà e consapevolezza. Da qui si evince che il Judo fatto alle medie, o il corso intensivo di sei mesi presso la palestra sotto casa rimangono fuori dal ragionamento.

Una cosa così funziona come si deve solo quando diventa parte di noi, quando la risposta diventa un riflesso condizionato, quando abbiamo il perfetto ed immediato controllo del nostro corpo e delle nostre reazioni. Essere tranquilli perchè ci si è guadagnati una cintura nera su un Tatami qualsiasi equivale a sentirsi sicuri solo perchè abbiamo una pistola in fondina.

Ed è *terribilmente* sbagliato.

Così come comperarsi un’arma ed affidarsi al semplice fatto di possederla (piuttosto che allenarsi sistematicamente al suo uso) è completamente inutile, pensare di poter affrontare un’aggressione con delle tecniche imparate distrattamente e mai esercitate è folle ed estremamente pericoloso.

In più, finchè il rapporto aggressore-aggredito è di 1:1 e non ci sono armi di mezzo, possiamo anche pensare di avere buone possibilità (fermo restando che l’aggressore si sceglie la vittima e non va ad importunare qualcuno che dia l’impressione di poter reagire), ma quando siamo in minoranza o se chi ci attacca è armato, le cose non si mettono bene. Qualsiasi istruttore dotato di saggezza vi insegnerà che la prima regola è evitare. Evitare se non è necessario lo scontro, evitare se siamo in minoranza, evitare se l’altro è armato. In quest’ultimo caso, a meno che l’aggressore non sia cosi scemo da appoggiarci l’arma addosso, dandoci modo di afferrarla in sicurezza e sottrarci alla minaccia (e anche fare questo non è che sia una passeggiata), non abbiamo alcuna possibilità di rispondere in maniera efficace con una semplice tecnica di Karate o Ju-jitsu o quello che volete. Il combattimento corpo a corpo presuppone tra le altre cose una lealtà di base che generalmente non si riscontra nei rapinatori o negli stupratori.

E ancora, per quanto bravi possiamo essere, rimane il problema oggettivo della superiorità fisica. Salvo pochi e definiti casi, un aggressore palesemente più “prestante” di noi a livello fisico (anche solo per peso o determinazione) avrà la meglio. Non dimentichiamo inoltre che il “guaio” potrebbe accadere anche in un momento in cui per qualche motivo contingente non siamo in grado di mettere a frutto le nostre abilità. Sfrutto ancora una volta la sintesi delle immagini di Oleg Volk per illustrare questo caso:

NominalPrey

Abbastanza sintetico ? 😉

La cosa da aver chiara è che non stiamo trattando a livello “accademico” sul fatto che sia meglio questo o quello: stiamo parlando di casi estremi, in cui il pericolo è serio, tangibile e quello che è in gioco è veramente prezioso. In questi frangenti la mia opinione è: Meglio questo *e* quello… perchè toglierci da soli e a priori una possibilità ?

 

Pubblicato da: armatieresponsabili | 10 gennaio, 2008

La rapina della Romanina: un monito per tutti.

Un altro fatto, un altro spunto per riflettere.

Brevemente ciò che riportano le cronache: un uomo di trent’anni, a Roma, viene sorpreso nell’androne della palazzina dove abita da due persone armate e a volto coperto. Queste lo costringono ad aprire il suo appartamento (dove si trova la compagna della vittima), immobilizzano entrambi ed iniziano a cercare oggetti di valore e denaro. La vittima riesce a liberarsi, ingaggia una colluttazione con gli aggressori, ne disarma uno, esplode un colpo che si rivelerà mortale per uno dei due malviventi, colpito all’arteria femorale: il sopravvissuto fa perdere le tracce portando con se’ il denaro rubato (sembra 10.000 Euro).

Ora la vittima è indagata per omicidio volontario (accusa che probabilmente verrà derubricata in eccesso colposo di legittima difesa), ma quel che è peggio è l’opinione diffusa (che ho rilevato leggendo vari blog e alcuni commenti sui giornali) che tende nella maggioranza dei casi a colpevolizzarla.

Di qui la prima riflessione: chi spara sbaglia. Non importa perchè, non importa cosa ha portato a sparare, nemmeno di chi è l’arma. Agli occhi di chi guarda chi tira il grilletto sta comunque esagerando.

In linea di principio, sparare per difendere un oggetto o del denaro mi trova contrario; allo stesso modo colpire qualcuno che ha già rinunciato al suo intento e sta fuggendo non è opportuno (ma non è sicuro che questo sia il caso). Nella fattispecie, però, non vedo cosa altro avrebbe potuto fare il protagonista della vicenda.

Secondo punto: la vittima non era armata. Allora mettiamoci un attimo solo nei suoi panni. Si trova a dover difendere se’ stesso e una seconda persona da due individui, non propriamente cortesi ma evidentemente armati: questi danno prova di aver poca pazienza e molta determinazione con minacce e violenze. Riesce a trovare il coraggio di liberarsi e di scagliarsi comunque contro gli aggressori, ha anche la sveltezza sufficiente a disarmarne uno mettendosi così in posizione paritaria. A questo punto la scelta è obbligata: non si sa ancora (e forse non si saprà mai) se il colpo sia partito durante la colluttazione o se sia stato esploso deliberatamente quando la vittima si era già “disimpegnata” (e questo farà forse la differenza in sede di procedimento), ma di fronte al rischio di essere comunque uccisi, cosa avreste fatto voi ?

Per quanto io possa essere prudente ed “assennato”, non trovo un motivo per biasimare questa persona: la situazione di evidente pericolo e di emergenza, unita alla concitazione di una lotta (inizialmente impari) giustifica gli eventi oltre ogni dubbio. Il fatto che i colpi esplosi abbiano provocato la morte piuttosto che un semplice ferimento è da considerare al livello di un incidente.

Ora mi permetto un “volo pindarico” e mi spingo un po’ avanti: se invece la vittima fosse stata armata ? Sarebbe cambiato qualcosa ? Se già dall’ingresso nell’androne e dall’incontro con i due malviventi avesse potuto contare su una possibilità di difesa maggiore ? Azzardo un’analisi: in primo luogo, le probabilità di spostare l’azione all’interno dell’appartamento, coinvolgendo e mettendo a rischio anche una quarta persona (la compagna) sarebbero diminuite notevolmente. Difficilmente avrebbe corso il rischio di portarsi gli aggressori “dentro casa”, dove peraltro sapeva di avere minori possibilità di movimento. Un qualsiasi diversivo (visto come ha agito, è probabile che ne sarebbe stato capace) gli avrebbe permesso di divincolarsi e rispondere. Nella migliore delle ipotesi gli aggressori (che da come sono andate le cose non sembravano molto propensi a far fuoco) avrebbero rinunciato, nella peggiore sarebbe nata una sparatoria alla Quentin Tarantino. Realisticamente mi attesterei su una “via di mezzo”: la cosa certa è che l’effetto sorpresa a favore della vittima avrebbe permesso a quest’ultima di agire in maniera meno impulsiva ed in maggior sicurezza.

La mia visione personale (ovviamente di parte, ma non potrebbe essere altrimenti) è in conclusione questa:

Chi organizza una rapina o un’aggressione a mano armata, conta sul potere intimidatorio dell’arma piuttosto che sul suo effettivo utilizzo, soprattutto confida nel fatto che (a meno che l’obiettivo non sia un portavalori) la vittima non sarà in grado di rispondere con gli stessi mezzi. Nel caso che trattiamo, il rapinatore sopravvissuto avrà certamente imparato che quella particolare persona è “qualcuno da lasciar perdere” (un eufemismo per indicare qualcuno che ha il coraggio e la capacità di slegarsi, fronteggiare due aggressori e disarmarne uno), ma nulla lo tratterrà dal riprovarci con qualcun altro.

Se invece fossero un po’ meno sicuri in merito alla mancanza di armi ? Se almeno una rapina, una violenza, un’aggressione su tre trovassero una risposta armata ? E’ possibile ipotizzare che le persone animate da cattive intenzioni penserebbero una volta in più prima di agire ? Certo, il rischio “far-west” è dietro l’angolo, ma di fatto (come non mi stancherò mai di dire) finchè i malviventi girano armati non c’è motivo per cui non debbano farlo gli altri.

Non si tratta di alta filosofia o di disquisizioni sui massimi sistemi, il mio è un ragionamento “terra-terra”: l’individuo ha il sacrosanto diritto di difendere la sua vita e quella degli altri con tutti i mezzi possibili, l’individuo più debole ha diritto ad un’opzione di parità. La possibilità di soccombere è contemplabile solo in un contesto dove le forze siano equilibrate, altrimenti diventa una certezza, e questo è inaccettabile.

Pubblicato da: armatieresponsabili | 4 dicembre, 2007

Siamo pronti ? Andiamo a sparare un po’…

Bene, adesso abbiamo chiaro il quadro generale, abbiamo capito perchè, siamo più o meno convinti e siamo pronti al prossimo passo.

Ma qual’è il prossimo passo ?

Sto ipotizzando che si parta tutti da zero, quindi inizieremo dalla primissima cosa necessaria: l’abilitazione al maneggio delle armi. Ne ho già parlato, e ho detto che è necessaria solo nel caso si intenda ottenere un permesso al trasporto o al porto (non quindi per acquistare semplicemente un’arma e tenerla in casa) e che è automaticamente riconosciuta a chi abbia svolto il servizio militare.

Non è vero. 😀 O meglio, è vero in teoria, ma sarebbe un gravissimo errore andarsi a comperare un fucile o una pistola e cominciare a giocherellarci senza averla mai vista prima. Tra l’altro capita che anche chi ha “fatto il soldato” abbia solo il vago ricordo di aver imbracciato un fucile (probabilmente un residuato bellico) e che quindi non sappia proprio dove mettere le mani. Data la pericolosità intrinseca nelle potenzialità dell’oggetto sarà bene conoscerlo mooooooooolto bene prima di metterci le mani.

Il primo passo quindi è il Poligono di tiro. Unica struttura a Roma (ogni città ha la sua) abilitata al rilascio dell’abilitazione e che effettivamente fornisce tutta l’assistenza necessaria è la sede del Tiro a Segno Nazionale di Tor di Quinto. tutte le informazioni su http://www.tsnroma.it .

Ripeto ancora una volta, per i malpensanti: NON C’ENTRO NIENTE CON LORO, non ci guadagno un tubo, è solo che le loro strutture e la loro assistenza sono indispensabili.

Qui cominciamo a tirare fuori quattrini ancor prima di aver varcato la soglia di un’armeria, ma sono pochi e spesi bene: con un totale di 150-200 euro ci copriamo iscrizione annuale, possibilità di utilizzo delle linee di tiro a piacere, lezioni, certificato e (mi sembra) un po’ di armi a noleggio. In breve, iscrivendoci e specificando la necessità di ottenere l’abilitazione in oggetto, ci prenotiamo tre belle e utili lezioni: due teoriche ed una pratica, con prova finale. Come ho già avuto modo di dire, i fondamenti delle armi sono estremamente semplici e tre lezioni bastano per coprirli tutti: il resto sta a noi, ma con la dovuta attenzione probabilmente riusciremo a non spararci sui piedi. Non commettiamo l’errore di prenderci l’abilitazione e sparire, da qui in avanti più andiamo al poligono ad allenarci, meglio è. Al TSN di Roma ci si può allenare praticamente con ogni arma di uso civile, fucili a pompa compresi, ed è possibile noleggiare presso l’armeria interna diversi tipi di pistola: quindi ancora possiamo trattenerci dall’andare a spendere quattrini a due o tre zeri, pensiamo a prendere confidenza con l’oggetto.

L’inizio di tutto generalmente è una pistola semiautomatica in calibro .22 LR. E’ un’ arma ottima per i principianti, questo per diversi motivi:

1) Il funzionamento e le modalità di operazione sono le stesse delle “sorelle maggiori”, stessi meccanismi, stessi principi; abituarci con questa ci darà modo di affrontare serenamente quelle che chiamo le armi “vere”.

2) Il piccolo calibro del munizionamento ottiene il duplice effetto di fare poco rumore (un comune “raudo” è molto più forte) e di trasmetterci un “rinculo” minimo, tutto a favore della tranquillità psicologica. E’ un po’ la differenza tra imparare a guidare su una Panda o su un camion con rimorchio.

3) I costi di gestione sono minimi: le cartucce in calibro .22 LR sono le più economiche in assoluto, potremo quindi allenarci fino alla nausea senza chiedere un mutuo 🙂 .

(…segue…)

Pubblicato da: armatieresponsabili | 19 novembre, 2007

I recenti fatti di cronaca: riflessioni

Interrompo il tono “didattico” del Blog (credo che la teoria annoi sempre un po’) per alcune riflessioni.

Recenti avvenimenti hanno riportato l’attenzione dell’opinione pubblica sull’argomento armi, e il risultato è scoraggiante:

Primo fra tutti il caso di Guidonia, dove un ex ufficiale dell’Esercito ha “dato di matto” ed ha cominciato a fare tiro a segno dal tetto di casa (2 morti, 7 feriti).

Poi la vicenda dell’autostrada, dove un agente della Polizia di Stato che non aveva capito la differenza tra colpo in aria e tiro mirato ha avuto l’immensa iella di uccidere una persona colpendola in testa a 70 metri o giù di lì.

Ultimo, fortunatamente senza esiti luttuosi il caso di sabato a Pietralata, dove il padre di tutti i “bamboccioni” ha pensato bene di tirare con la carabina ad aria compressa (tipo quelle del luna-park) dal balcone di casa, colpendo un bimbo di 10 anni, salvato dal piumino.

Ora, quello che mi fa agitare, oltre ai fatti in se’, è questo: qualcuno ha anche solo provato a chiedersi PERCHE’, invece di cominciare a fare illazioni sulle armi, sulla “facilità” di procurarsele e sui danni che provocano ?

Perchè una persona all’apparenza equilibrata ed irreprensibile un bel giorno “sbrocca” e fa una strage senza che nessuno formalmente abbia fiutato nulla ? Perchè un poliziotto crede di potersi permettere di tirare ad altezza d’uomo contravvenendo a tutte le possibili regole di prudenza ? Perchè un deficiente qualsiasi pensa di poter usare i giardinetti sotto casa come poligono di tiro ?

Ma soprattutto: qualcuno vuole ancora farci credere che un maggior controllo sulle armi eviterebbe questo tipo di “incidenti”?

1) L’ufficiale di Guidonia possedeva due fucili ed una pistola: qualsiasi cacciatore o tiratore sportivo probabilmente ha dentro casa un arsenale dieci volte più potente.

2) L’agente dell’autostrada, per definizione, fa parte di una categoria ipercontrollata. Se non sono armati i poliziotti, chi dovrebbe esserlo ?

3) Il bamboccione della Tiburtina, se pure qualcuno gli levasse il fucilino da luna-park, molto probabilmente si attrezzerebbe con una fionda caricata a biglie d’acciaio (stesso livello di pericolosità) o con una cerbottana.

Dove voglio andare a parare ? In tutti e tre i casi, senza voler indagare a fondo sui motivi, il problema non è nell’arma, bensì nella testa: per quanto si possa chiacchierare e gridare al disarmo, nessuno di questi fatti mi sposta di un millimetro dalla mia posizione.

Poi (adesso mi prendete per matto sul serio), mi pare così strano che, dopo il montare della rabbia e dell’insofferenza dei cittadini di fronte ai fatti criminali per mano di stranieri o non stranieri, arrivino a “raffica” notizie volte a demonizzare le armi.

E’ un po’ come se, di fronte al rischio di “corsa all’armamento” (dovuta al sentimento diffuso di insicurezza), subito si volesse “bacchettare” la gente dicendo: “non ci pensate nemmeno, eh ? Le armi sono cacca, non si toccano, lo vedete che casini succedono ?“.

Non mi piace, non mi piace per niente.

Pubblicato da: armatieresponsabili | 2 novembre, 2007

Il “Kit” dell’ armatoeresponsabile: seconda parte.

Terza cosa necessaria: capacità e allenamento.

La capacità si acquisisce, l’allenamento è successivo ed è obbligatorio. Senza questi requisiti l’arma non è nulla. Una pistola non è una bacchetta magica che risolve ogni problema semplicemente tirandola fuori e dicendo “Sim Sala Bim” (Copyright 1968-2007 Aldo Savoldello).

Fare affidamento sul semplice effetto intimidatorio dell’arma è il primo passo per farsela levare e vederla usare contro di noi: l’arma va conosciuta in profondità, deve essere una nostra estensione e non un corpo estraneo. Partendo da zero (nessuna conoscenza della materia, mai presa una pistola in mano) il cammino sarà abbastanza lungo, ma non è niente di impossibile: se avete imparato a guidare una moto o una macchina, potete imparare a sparare senza difficoltà. Quando avrete imparato, dato che per usare un luogo comune non è proprio come andare in bicicletta, dovrete continuare ad allenarvi ed allenarvi per non perdere ciò che avete guadagnato.

Il nostro obiettivo non è andare in giro a far fuori gente, quindi l’allenamento in questione dovrà essere una”simulazione” (i poligoni di tiro ed i bersagli esistono per quello): la speranza è che non ci si trovi mai in una situazione “reale” ma dobbiamo fare in modo che, nel malaugurato caso ciò accada, la nostra risposta sia la più efficace possibile. Utilizzare un’arma in una situazione di stress non è una passeggiata: diffidate di quelli che dicono “gli spari a una gamba”, è gente che non ha mai sparato. In primo luogo una gamba non è poi così “sicura” (colpire l’arteria femorale è al 98% letale), secondo, una cosa è fare tutti 10 al poligono, altro è riuscire anche solo a individuarla, una gamba, durante un’aggressione (se una persona ci ha costretto a ricorrere ad un’arma sarà poco probabile che abbia la gentilezza di rimanere ferma e buona mentre prendiamo la mira).

Nei prossimi articoli farò un po’ di teoria generale riguardo funzionamento ed uso di questi oggetti, poi la palla passa a chi vuole andare avanti, quindi cominciate a cercarvi un poligono 🙂 .

A Roma la situazione è abbastanza penosa, unica struttura dove è possibile combinare qualcosa senza spendere troppo è la sede del Tiro a segno nazionale a Tor di Quinto. Esistono poi vari campi di tiro a volo così come spazi privati utilizzabili a tal fine. Raccolgo un po’ di dettagli e ve li propongo.

Quarto ed ultimo requisito: l’arma vera e propria.

Qui facciamo una prima distinzione: difesa abitativa e difesa personale: tutto ciò che è stato detto sinora vale per entrambi i casi, non si può prescindere da consepevolezza, legalità, capacità e allenamento.

Ora, la difesa abitativa presuppone il possesso di un’arma e la sua custodia in casa (e nelle pertinenze di questa). E’ la condizione più facile dal punto di vista burocratico e da quello economico: chiunque oggi può acquistare e detenere un’arma a questo fine e con queste modalità, non sono previste licenze di porto d’armi. E’ sufficiente richiedere un nulla osta al Commissariato di P.S. competente, aspettare l’esito, poi recarsi in armeria. Modulistica ed informazioni sul sito www.poliziadistato.it sezione Armi. In questo caso a mio avviso lo strumento migliore è il fucile: più precisamente un calibro 12 a “pompa”, ciò per diversi motivi:

1) Estrema economicità: la spesa va dai 200 euro di un buon usato ai 4/500 di un nuovo dignitoso. Le munizioni hanno un costo irrisorio, si rischia di spendere più per l’armadietto blindato (INDISPENSABILE, poi vedremo perchè) che per l’arma in se’.

2) Altissimo potere deterrente: l’effetto psicologico che si ottiene caricando e armando uno di questi aggeggi vale più di mille parole. In deroga al principio “se esce è per sparare”, è in assoluto l’arma che ci dà le maggiori possibilità di evitare il conflitto.

3) Potenziale altissimo: nel caso si metta male, un fucile di questo tipo offre la massima copertura ottenibile da un’arma portatile. Una rosa di pallettoni calibro 12 è un problema indiscutibile per chiunque se la trovi davanti. La precisione non è il suo forte, ma in casa la distanza non è mai tanta da tirare in ballo la mira.

La difesa personale invece è un altro paio di maniche: io auspico che un giorno venga riconosciuto il diritto di ogni cittadino onesto a portare con se’ un’arma a questo fine (tutto il blog è orientato a questo, nel caso non ve ne foste accorti 😉 ), ma per ora gli ostacoli sono tanti. In teoria chiunque potrebbe farlo (posti alcuni requisiti), in pratica non è così semplice, ma vediamo brevemente la teoria (fate sempre riferimento al già citato sito www.poliziadistato.it per normativa e modulistica): la licenza di porto d’arma per difesa personale (per gli amici “porto d’armi”) viene rilasciata dal Questore a chi ne faccia domanda provando di non trovarsi in condizioni ostative (non essere un pregiudicato, per esempio), di avere la capacità tecnica al maneggio delle armi (chiunque abbia svolto il servizio militare la consegue automaticamente – sempre in teoria – per chi invece no, è necessario un minicorso teorico-pratico presso il Tiro a Segno Nazionale), di non essere “obiettore di coscienza” (sarebbe un bel controsenso), di avere i requisiti psicofisici necessari (serve una visita specifica, non basta il certificatino del medico di base) e da ultimo (questa è la parte controversa), di averne effettiva necessità. Tutti i requisiti sono oggettivi e certificabili, quest’ultimo è l’unico a discrezione dell’Autorità. Per quanto mi riguarda al giorno d’oggi (e non entro in polemica) chiunque ne ha effettiva necessità, purtroppo sembra che gli altri non siano di questo avviso. Ma non disperiamo.

Ciò non vuol dire che sia impossibile ottenerlo, nel caso foste tra i fortunati, la scelta dell’arma cadrà necessariamente sulla pistola: portarsi un fucile addosso non è il massimo della comodità 🙂 .

Nel caso dell’arma corta la scelta si moltiplica e con la scelta la spesa: approfondiremo senz’altro le possibilità, per ora basti sapere che sarà difficile tenersi sotto i 1000 euro tutto compreso.

Pubblicato da: armatieresponsabili | 24 ottobre, 2007

Il “Kit” dell’ armatoeresponsabile: prima parte.

Di tutte le cose che servono per un efficace possesso di arma a scopo di difesa, solo una è materiale e tangibile.

Si tratta dell’arma in se’,  oltretutto è a mio modo di vedere la meno importante in assoluto, quindi sarà l’ultimo degli elementi che esamineremo (e qui, tutti quelli che si aspettavano una digressione tecnica sulle armi da fuoco saranno delusi, ma vi avevo avvertito riguardo ciò che NON ero, o no ? 😉 )

Prima cosa necessaria: CONSAPEVOLEZZA. Questa non risulta generalmente difficile da ottenere, una persona equilibrata in linea di massima si accorge della differenza introdotta nella sua vita dal possesso di uno strumento come un’arma da fuoco. E’ necessaria tutta l’attenzione dovuta ad un oggetto di per se’ inerte, ma potenzialmente letale (quale peraltro può essere la motosega appesa nel box, il coltello da macellaio nel cassetto della cucina, la bombola di insetticida sotto il lavello o qualsiasi altra cosa possa recare danno ad un altro essere vivente). La differenza, che secondo me gioca a vantaggio ed elimina qualsiasi scusante è che un’arma nasce per uno ed un solo scopo, quindi se con gli altri oggetti si può parlare di “incidenti”, con una pistola o un fucile l’incidente non esiste. Se succede qualcosa è solo colpa nostra, inutile girarci attorno.

E’ quindi necessario capire esattamente con che cosa abbiamo a che fare: le frasi “credevo fosse scarica”, “la stavo solo pulendo”, “mi è partito un colpo”, non dovranno MAI entrare a far parte del nostro vocabolario. Dietro ognuna di queste proposizioni c’è una vita umana, e questo non possiamo far finta di non saperlo.

CONSAPEVOLEZZA quindi, che porta con se’ una serie di “compiti a casa” da fare, che esamineremo più nel dettaglio in seguito.

Secondo requisito: LEGALITA’. Siamo Signori (o Signore), non pirati. Per quanto complesso e a volte frustrante (ma nemmeno tanto), l’iter legale per il possesso di un’arma VA SEGUITO PER INTERO. La “pistola zingara” o la vecchia Beretta del nonno scovata nel baule in cantina non sono contemplate. Sono il primo passo verso una montagna di guai e (nel caso della Beretta del nonno) verso sicure lesioni personali nel momento in cui ci scoppiano in mano. Complesso non vuol dire difficile, e nemmeno costoso: Pochi euro di bolli, un po’ di tempo da dedicare alla pratica ed è fatta. Anche qui scriverò a breve un articolo che illustrerà procedure e possibilità, per ora sto cercando di essere sintetico (pensate se avessi voluto dilungarmi 🙂 ). In definitiva, la nostra arma dovrà essere legale, autorizzata e denunciata. Anche questo responsabilizza.

(continua)…

Pubblicato da: armatieresponsabili | 22 ottobre, 2007

Se si va oltre…

Questo è un punto delicato. Molto delicato.

Abbiamo usato prudenza per non metterci in una situazione scomoda, ma non è bastato. Abbiamo fatto il possibile per evitare lo scontro, ma non è bastato. Abbiamo cercato di sottrarci al pericolo, e non ci siamo riusciti. Adesso il problema è: noi o loro.

Tutto questo avviene in una manciata di secondi, il risultato della complessa sequenza di pensieri è che la nostra incolumità, magari assieme a quella di qualcuno che ci è vicino, è in pericolo. Non si tratta di salvare il Rolex, la posta in gioco è un tantino più alta. A questo punto l’uso di un’arma può (e sottolineo “può”, poi vediamo perchè) invertire completamente la situazione. Tirare il grilletto in quel momento molto probabilmente ci creerà una serie infinita di problemi sia di ordine pratico che psicologico, ma perlomeno ci darà modo di vivere per risolverli.

Non sto drammatizzando, provate a confrontarvi con una vittima di stupro, o con qualcuno sopravvissuto per miracolo ad una rapina in casa o ancora con la vittima di un rapimento. Facciamo un rapido bilancio dei problemi derivanti da questo tipo di esperienze e di quelli derivanti da una legittima difesa: il saldo sarà sempre a favore della difesa.

Due paragrafi fa ho usato l’espressione “può” per una sola semplice ragione: l’arma in quanto tale non risolve nulla (rischia anzi di peggiorare le cose), l’efficacia dell’arma dipende da un insieme di fattori, complesso e di difficile equilibrio, che analizziamo nel prossimo post. Avete ancora pazienza ? 🙂

Pubblicato da: armatieresponsabili | 19 ottobre, 2007

Ma perchè un’arma da fuoco ?

“Mi sembrava ci fossero strumenti meno letali per la difesa personale”…

La risposta è sintetizzata nel poster qui sotto (Copyright Oleg Volk http://www.a-human-right.com)

Pepper

Che liberamente tradotto recita: “Perchè affidare la tua vita ad un barattolo di spezie ? Scegli strumenti migliori”.

Triste ma vero, nel momento in cui (nonostante tutti i nostri sforzi per evitarlo) si giunge ad uno scontro, a poco servono queste misure alternative: uno spray al peperoncino (unica cosa ammessa in Italia: gli altri prodotti irritanti di origine chimica, così come quegli altri aggeggi che mandano scariche ad alta tensione sono proibiti al pari delle pistole) deve cogliere dritto negli occhi al primo colpo altrimenti è inutile anzi dannoso, perchè l’aggressore invece di “irritarsi” fisicamente, si irriterà in senso di nervi 🙂 e non è quello che vogliamo; un coltello richiede una particolare abilità e parecchio sangue freddo, in più implica avvicinamento e contatto che giocano a nostro sfavore: siccome non siamo Rambo e non teniamo particolarmente ad esserlo, evitiamo gli oggetti taglienti.

Abbiamo bisogno di un mezzo efficace, qualcosa che abbia un potenziale sufficiente a rispondere al massimo livello di minaccia ci si possa presentare. Non è detto che questo potenziale debba essere espresso fino in fondo, è importante però che sia lì, pronto e a disposizione.

Abbiamo già detto che chi ci aggredisce (in senso lato), non si aspetta una reazione e in più stima che se pure reazione ci fosse, sarebbe in grado di neutralizzarla. Per questi motivi già una piccola prima sorpresa gliela facciamo muovendo un passo indietro e infilando la mano sotto la giacca. (E’ una sceneggiatura giusto per rendere l’idea, non prendete questo paragrafo come tecnica di difesa 🙂 )… Quando la mano torna fuori impugnando una pistola, l’aggressore ha tutto il tempo di riconsiderare i suoi piani. Il tempo è esattamente quello che intercorre tra l’estrazione e l’allineamento della canna con la figura del “mariuolo”. In genere una sequenza simile fa desistere la maggior parte delle persone dal continuare (meno se l’ aspettano, più effetto fa), però c’è un però…

Fino qua può funzionare anche con una pistola giocattolo, ma se si va oltre ?

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